IL DONO DELLA FEDE: IL SAPER RICEVERE

Il superamento dell’autosufficienza e del fariseismo porta a considerarsi non solo delle persone che danno, ma che soprattutto ricevono: dobbiamo educarci a saper ricevere. Ogni esistenza si muove in una perenne disponibilità a ricevere: si riceve la luce al sorgere di ogni giornata, si riceve l’amicizia , si riceve l’amore… si riceve la fede. Chi vive secondo una mentalità secolarizzata spegne nella propria vita la spiritualità del ricevere. Si illude che lo sviluppo della conoscenza e della tecnica permetta di risolvere tutti i pro blemi, rendendolo autosufficiente: una vita senza fede è arida. La spontaneità che modella lo spirito a ricevere rende meno arroganti all’interno.

“Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio” ( 1Pt . 4,10)

L’esperienza del saper ricevere si costruisce quotidianamente, allenandosi a ricevere i doni di Dio e primo fra tutti il dono della fede. Dobbiamo imparare a ricevere il dono della fede, la fede autentica quale esperienza di vita. Siamo sempre in movimento… presi dal vortice della vita ci risulta sempre più difficile collocare la fede nei tratti concreti della nostra vita di ogni giorno. Magari parliamo pure della fede, ma in modo impersonale.

Eppure la fede dovrebbe divenire una realtà che caratterizza le nostre ventiquattro ore, quale manifestazione della particolare attenzione che Dio ha per ognuno di noi. La fede ci spinge ad accogliere Dio che si rivela misteriosamete in ogni evento quotidiano. Per farsi “vedere”, Egli non manda i suoi angeli e nemmeno suoi fulmini, ma dei segni particolari tratti dal nostro vivere quotidiano, nei quali rinnova la sua opera redentrice . Egli non si fa trovare solo negli avvenimenti grandiosi e misteriosi, ma in quelli più ordinari che galleggiano sulle onde piut tosto incerte del vivere.

C’è da fermarsi sulla riva, vedere, ammirare, comprendere: Dio appare in tutta la sua evidenza in una visione d’insieme della vita. In noi ha posto il suo Spirito perché abbiamo la fiamma inte riore atta ad intendere le Sue parole, a cogliere i suoi richiami nel quotidiano: è lo Spirito di Dio che alimenta la nostra fede Tutto ciò richiede la capacità di saper ricevere e soprattutto porci in atteggiamento di contemplazione. Egli può essere “visto” contemplato , amato solo in un rapporto di comunione di vita: Dio è davvero il vivente e come tale aspira a rivelarsi in ogni creatura. L’individuo che è giunto a tale percezione dello spirito possiede la capacità di accogliere e di gustare la propria identità con Dio che tenta di capire, di razionalizzare, di verificare, vanifica tale esperienza e finisce con il ricadere nella notte della vita, avvolto dal buio. Dio non accetta di essere portato al mercato delle idee o delle emozioni. La fede è pertanto un invito a partire con Dio, a vivere in pienezza e ad operare: i richiami divini sono sempre operativi e non interessano un momento della vita, ma coinvolgono l’intera esistenza. La fede abbraccia tutto l’uomo nella pienezza del suo vivere.

L’esperienza di Dio diviene elemento di crescita e di visione che accompagna nel flusso esistenziale: si sviluppa la contempla zione nell’azione pratica. Il movimento di fede a cui siamo incessantemente chiamati non riguarda tanto la nostra adesione a dei principi religiosi, a grandi verità di fede , ma l’accoglienza serena dei segni di Dio inse riti nella nostra vita di ogni giorno. Il nostro cammino spirituale nella Comunità deve portarci a discernere le chiamate di Dio e a vivere per esse: il vero bene, nella sua misura universale, lo conosce soltanto Lui perché Lui è la misura assoluta del tutto. Per questo Egli chiama incessantemente i suoi amici affinché collaborino con Lui. Queste persone gli sono utili , non tanto per la perfezione di condotta esteriore o per le loro doti, ma per il cammino umile e docile di fede che hanno fatto, che sanno fare e che vogliono continuare a fare con Lui.